Per il presidente della Fondazione Mastroianni, Andrea Chietini, la presentazione della mostra internazionale Malkovich, Malkovich, Malkovich – Omaggio ai grandi maestri della fotografia, che sarà ospitata nelle sale del Castello Ladislao di Arpino dal 12 giugno al 26 settembre prossimi, è stata la prima occasione utile per dirsi entusiasta di un’iniziativa che “non solo ci permette di riaprire al pubblico la Fondazione, ma ci ha anche concesso la piacevole collaborazione con un’associazione fatta di ragazzi straordinari e dalle grandi passioni, a cominciare dal presidente Alessandro Ciotoli”.

Chietini ha confermato la volontà di scegliere “Le energie migliori da mettere in campo per pensare ad una ripartenza, dopo le chiusure imposte per l’emergenza sanitaria. La Fondazione riparte, secondo me, con un evento straordinario che ha un potenziale che va oltre i confini della nostra provincia e della nostra regione. Questa mostra arriva da noi dopo aver fatto il giro di mezzo mondo, direttamente dopo Trieste e prima di tornare negli Stati Uniti d’America, a settembre. Un’altra cosa che mi preme evidenziare e fare vanto è la collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Frosinone, perché credo che sia la conferma non solo dell’opportunità, ma della necessità di lavorare a stretto contatto. L’Accademia è un’eccellenza del nostro territorio e la Fondazione uno spazio in cui i ragazzi devono potersi esprimere e mettersi alla prova dopo il corso di studi. Questo sodalizio credo che sia l’unica strada da percorrere per alzare l’asticella e puntare in alto, cercando di assumere il giusto ruolo che la nostro provincia merita”.
Un appello che Loredana Rea, nella duplice veste di direttrice dell’Accademia di Belle Arti di Frosinone e direttrice della Fondazione Mastroianni, ha condiviso con entusiasmo poco prima di illustrare i dettagli della mostra internazionale che porta la firma di Sandro Miller: “In un gioco straordinario di specchi e di richiami, Miller ha voluto omaggiare i grandi della fotografia scegliendo alcune delle immagini più iconiche che fanno parte del nostro immaginario collettivo e lo ha fatto scegliendo come interprete uno degli attori più amati dei nostri tempi, John Malkovich. Lo ha coinvolto in un percorso (studiato dai nostri docenti e studenti diplomati) di ricostruzione e di citazione fotografica che sarà al centro della mostra con 82 fotografie (a colori e in bianco e nero) di formato diverso e che saranno ospitate nel salone grande della Fondazione Mastroianni rimesso in funzione appositamente per questa esposizione.
Miller e Malkovich sono un binomio che, grazie a questa mostra andata in giro per il mondo, è diventato conosciuto e apprezzato. Permettendo a Miller di uscire dal circuito professionale che prima di questa esperienza lo aveva sempre visto farsi notare nell’ambito della pubblicità. È stato lui a proporre all’amico attore di interpretare le immagini che per lui erano state fondamentali nella carriera e Malkovich lo ha saputo fare non come volto, ma come vero attore, attraverso lunghissime sedute di trucco, di studio della luce, di ricostruzione dei costumi. Il risultato è straordinario, partendo dal famoso scatto di Dorothea Lange, Migrant Mother, scattata in California nel 1936 e diventata un’icona degli Stati Uniti durante la Grande depressione e il New Deal, passando per le gemelle di Diane Arbus rese celebri dal regista di Shining, Stanley Kubrik, e ancora attraverso l’immagine di Dalì, scelta dal professor Roma come quella trainante della mostra.
Tutto questo sarà ospitato in un luogo che affascina a primo colpo, un luogo di storia e di ricerca della bellezza secondo l’esempio di Umberto Mastroianni che dopo essere diventato famoso è tornato nella sua terra lasciandoci un’eredità che possa far conoscere e apprezzare la nostra splendida terra. Mi auguro davvero che questa mostra possa portare nel nostro territorio, innanzitutto i ciociari che non lo conoscono, ma anche l’Italia, a scoprire la bellezza di questo territorio che attraverso i suoi gioielli artistici, le grandi abbazie, ha costruito la struttura culturale dell’Europa.
L’Accademia di Belle Arti negli ultimi anni ha lavorato per costruire rapporti con le Istituzioni perché sono convinta che la rinascita di questo territorio passi per la cultura che ne costituisce il dna”.