Nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne si parla, giustamente, quasi sempre della sua forma più estrema: il femminicidio ovvero il tragico punto d’arrivo di un percorso iniziato con abusi psicologici e fisici. Noi abbiamo scelto di fare un passo indietro e guardare ciò che accade prima.
La nostra campagna nasce dall’idea che la violenza non esplode all’improvviso: si costruisce, cresce, cambia volto. Inizia con le parole, passa attraverso gli schermi, si infiltra nelle relazioni, si normalizza. E quando nessuno la guarda o la nomina, diventa pericolosa.
Per questo abbiamo scelto di concentrarci su una forma di violenza di cui si parla meno: la diffusione non consensuale di contenuti intimi. Una violenza che spesso parte da un messaggio, un ricatto, un’intimidazione e che tante donne vivono in silenzio, nella vergogna e nella paura.
Un manifesto provocatorio
Abbiamo sparso in diverse zone di Ceccano dei semplici fogli A4, volutamente amatoriali. Su tutti la stessa frase: “Viola, ora tutti guarderanno le tue foto.”
Sotto, un QR code. Chi lo inquadra – credendo di trovare materiale compromettente – viene indirizzato su una pagina web che esordisce così: “Le tue foto sono al sicuro. Le sue, no.”
Lo scopo non è spaventare. È provare a raccontare quello che molte donne vivono ogni giorno: la paura che qualcosa di intimo sia finito nelle mani sbagliate. È cercare di far capire che la curiosità è parte integrante della violenza. Che chi guarda non è un osservatore neutrale, ma parte del problema. Un complice.
Ovviamente la Viola dei manifesti non esiste e online non ci sono sue foto.
La storia di un’altra Viola
Nella pagina web riportiamo anche la testimonianza di un’altra Viola (nome di fantasia), una donna che ha accettato con coraggio di condividere con noi la sua esperienza. La sua non è una storia rara. È, purtroppo, una storia comune. Ricatti. Intimidazioni. Vergogna. Paura di non essere creduta.
Tentativi di denuncia. E poi, finalmente, la possibilità di essere ascoltata e seguita da professionisti competenti nella sua battaglia giudiziaria.
Con la sua autorizzazione, abbiamo deciso di mostrare alcuni screenshot dei deplorevoli messaggi che il suo stalker le mandava quotidianamente. Perché chi guarda capisca una cosa fondamentale: la violenza non inizia quando arrivano i calci e i pugni. Comincia quando qualcuno crede di avere potere sul corpo e sulla libertà di un’altra persona.
Non tutte le donne possono denunciare subito. Non tutte si sentono al sicuro, credute, protette. Lo sappiamo. Ma la storia di Viola dimostra che denunciare può essere un’arma reale contro chi abusa. Non facile. Non veloce. Ma possibile.
Un progetto ispirato a “Sei Complice” – IED Roma
La nostra campagna nasce da un forte spirito di continuità con il lavoro di denuncia culturale già portato avanti da altri.
In particolare, è ispirata al progetto “Sei Complice” dello IED di Roma che mette al centro proprio la responsabilità degli spettatori della violenza digitale. Un lavoro importante, coraggioso, che ha mostrato come il cambiamento passi anche da chi “guarda”.
La nostra iniziativa vuole inserirsi in questa stessa direzione: rompere il silenzio, la normalità e l’indifferenza.
La pagina collegata al QR code dei manifesti è accessibile cliccando il pulsante qui sotto.